
I farmaci portano la loro natura «ambigua» fin dalle origini. La parola greca pharmakon, da cui derivano, significa infatti sia «medicamento» sia «veleno». Dipende soltanto dalla dose. Lo dimostra in modo ancora più evidente la questione degli oppioidi, farmaci indispensabili nell’ambito della medicina e in particolare delle cure palliative.
Un'indagine di Ruggiero Corcella
A dieci anni dalla risoluzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha riconosciuto le cure palliative come un diritto sanitario universale, il mondo affronta due crisi opposte: oltre 70 milioni di persone in tutto il mondo con malattie gravi o lesioni sperimentano sofferenze correlate alla salute trattabili con cure palliative. Tuttavia, mentre nei Paesi a basso e medio reddito non hanno accesso agli oppioidi per il trattamento del dolore, in alcuni Paesi ricchi si combatte un’epidemia di dipendenza da queste sostanze. Trovare un equilibrio tra l’accesso ai farmaci e il contenimento degli abusi è una sfida globale che richiede un approccio bilanciato e soluzioni concrete.
Un problema globale di non facile soluzione
Nel 2014, l’Assemblea Mondiale della Sanità ha approvato la risoluzione 67.19, dichiarando che le cure palliative devono essere parte integrante dell’assistenza sanitaria universale. Questo documento ha sottolineato l’importanza di garantire l’accesso agli oppioidi per il trattamento del dolore, pur prevenendo il loro abuso e traffico illecito. Tuttavia, un decennio dopo, il mondo continua a trovarsi intrappolato in due crisi parallele: da un lato, la mancanza di oppioidi per chi ne ha bisogno, dall’altro, il loro uso eccessivo.
L’OMS, insieme ad altre istituzioni, ha ribadito la necessità di un approccio equilibrato. Tuttavia, le politiche adottate non sono state sufficienti per garantire un accesso equo e sicuro agli oppioidi nei diversi contesti globali.
Ricercatori delle Università di Stati Uniti, Messico e India ne hanno messo in rilievo i diversi aspetti e avanzato raccomandazioni in uno studio pubblicato su Lancet Global Health, primo autore William E Rosa, del Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York (Usa).
Una doppia crisi: il dolore non trattato e l’epidemia di dipendenza
Gli oppioidi sono un’arma a doppio taglio. Da una parte, sono essenziali per alleviare il dolore di milioni di persone affette da gravi malattie; dall’altra, il loro uso indiscriminato ha causato una devastante crisi di dipendenza in paesi come Stati Uniti, Canada e Australia.
Secondo i dati più recenti, oltre 50 milioni di persone nei Paesi a basso e medio reddito soffrono per la mancanza di oppioidi per il trattamento del dolore, una condizione che ha gravi conseguenze sulla qualità della vita e sul benessere delle famiglie. Al contrario, nei Paesi ad alto reddito, si registra un eccesso di prescrizioni che ha portato milioni di persone a sviluppare una dipendenza dagli oppioidi, spesso sfociata nell’uso di eroina e fentanyl: si stima che 39,5 milioni di persone lottino contro il disturbo da uso di oppioidi in tutto il mondo, la stragrande maggioranza vive in Nord America. Un fenomeno talmente vasto e incontrollabile da avere dato al neopresidente degli Usa, Donald Trump, il destro per dichiarare la «guerra dei dazi» contro Messico e Canada, Paesi confinanti «rei» – secondo l’amministrazione americana – di non fare abbastanza per bloccare le tonnellate di fentanyl che si riversano che avvelenano i suoi concittadini. Certo, da par suo, Trump evita accuratamente di ricordare come alla base di questa letale epidemia ci sia stata la prescrizione del tutto eccessiva e inappropriata di oppiacei da parte di medici compiacenti o corrotti, a libro paga dell’industria farmaceutica.
Quindi il problema non è l’esistenza degli oppioidi, ma la loro gestione in modo equilibrato, tenendo conto delle diverse necessità sanitarie e sociali di ogni Paese.
Come ridurre il divario nell’accesso agli oppioidI
Come sottolineano gli autori della ricerca «uno dei principali ostacoli all’uso appropriato degli oppioidi è la loro distribuzione diseguale. Il 90% delle scorte mondiali di questi farmaci è concentrato nei paesi più ricchi, mentre il restante 10% è diviso tra le nazioni più povere, dove si concentra l’80% dei pazienti bisognosi di cure palliative».
Le cause di questa disparità sono molteplici: rigidità normative, mancanza di formazione per i medici, stigma sociale e difficoltà economiche. Inoltre, l’industria farmaceutica tende a privilegiare gli oppioidi più costosi e brevettati, rendendo poco conveniente la produzione di morfina a basso costo, che rimane il trattamento di riferimento per il dolore severo.
«Per superare questo squilibrio, servono politiche globali che incentivino la produzione e la distribuzione di oppioidi essenziali nei paesi più poveri, senza però trascurare la necessità di prevenire abusi e dipendenze». aggiungono.
L’accesso al sollievo dal dolore come «bene pubblico globale»
Secondo gli autori «c’è un bisogno urgente di rivalutare le politiche sanitarie e l’allocazione delle risorse relative all’uso di oppioidi a livello globale». Come? La loro proposta è di considerare l’accesso agli oppioidi come «bene pubblico globale». Questo significa che tutti, indipendentemente dal Paese in cui vivono, dovrebbero poter ricevere cure adeguate contro il dolore, così come avviene per altri diritti alla salute fondamentali.
«Perché questo principio diventi realtà, è necessario un maggiore impegno da parte delle organizzazioni internazionali – scrivono -. L’OMS, insieme all’International Narcotics Control Board e ad altre istituzioni, ha il compito di promuovere un equilibrio tra accesso e sicurezza, evitando sia le restrizioni eccessive nei Paesi poveri sia l’eccesso di prescrizione in quelli ricchi. La chiave è trovare un sistema che consenta una regolamentazione efficace senza compromettere la disponibilità degli oppioidi per chi ne ha bisogno».
Soluzioni per un accesso equilibrato agli oppioidi
Per affrontare questa doppia crisi, sono necessarie azioni coordinate a livello internazionale e locale. Alcune delle principali raccomandazioni proposte nello studio includono:
- Aumentare la produzione e distribuzione di morfina a basso costo, rimuovendo gli ostacoli finanziari e normativi che ne limitano la disponibilità nei Paesi a basso reddito.
- Garantire una formazione adeguata agli operatori sanitari, affinché sappiano gestire il dolore in modo appropriato e riducano il rischio di dipendenza.
- Migliorare la regolamentazione, evitando norme eccessivamente restrittive che penalizzano i pazienti, ma anche controllando con attenzione la distribuzione per prevenire abusi.
- Promuovere campagne di sensibilizzazione, per combattere lo stigma associato all’uso degli oppioidi e migliorare la consapevolezza del loro ruolo nella gestione del dolore.
- Utilizzare modelli di acquisto centralizzato, come quelli già in uso per farmaci anti-HIV e antimalarici, per rendere gli oppioidi più accessibili nei paesi in via di sviluppo.
Serve un’azione concertata
«Solo attraverso un’azione concertata tra governi, organizzazioni internazionali e società civile sarà possibile raggiungere un equilibrio tra accesso e sicurezza – sottolineano i ricercatori -. L’epidemia di dipendenza da oppioidi nei Paesi ricchi non può giustificare il negare cure essenziali a milioni di persone nei paesi poveri. L’obiettivo deve essere quello di garantire un accesso equo e sicuro agli oppioidi, senza eccessi né privazioni. Affrontare questa sfida richiede un impegno globale, basato su evidenze scientifiche, regolamentazioni bilanciate e un approccio che consideri il sollievo dal dolore un diritto universale. Solo così sarà possibile colmare il divario tra chi soffre inutilmente e chi è vittima di un eccesso di prescrizioni, costruendo un sistema sanitario più giusto e umano per tutti».