Nel panorama ancora asfittico degli hospice pediatrici in Italia, c’è una novità che fa da preludio al progetto della nuova struttura di Padova. A Bologna, vicino all’ospedale Bellaria, è stato inaugurato l’hospice pediatrico «L’Arca sull’albero» progettato dall’architetto Renzo Piano e dal suo studio e finanziato dalla Fondazione Hospice Maria Teresa Chiantore Seràgnoli Onlus con 20 milioni di euro.
Si tratta di una buona notizia dal momento che in Italia la stima del fabbisogno per le cure palliative destinate ai bambini è di 35mila posti letto, ma solo il 15% ad oggi trova risposta. Sarebbero necessari 20 hospice pediatrici, ma per ora sono solo otto: Padova (il primo ad aprire nel 2008), Napoli, Torino, Genova, Firenze, Milano, Roma; Lauria (Pz). Nella maggior parte dei casi si tratta di reparti integrati all’interno degli ospedali.
«Ho fatto cose tecnicamente anche molto complesse, ma forse umanamente questa è stata la più difficile di tutte», ha detto l’archistar intervenendo all’apertura. «Noi esseri umani siamo la somma di tutto quello che abbiamo letto e vissuto e chi non ha letto il barone rampante di Calvino… »., ha detto ancora Renzo Piano, raccontando della sfida intrapresa e portata a termine dal suo studio, Renzo Piano Building Workshop. «Un architetto deve mettersi nei panni di chi userà l’edificio. Ma come fai a metterti nei panni dei bambini malati? È praticamente impossibile, e anche mettersi nei panni dei genitori è ancora più terribile. Un pezzo di vita che se ne va, in apnea, in attesa. Difficile entrare in questa sofferenza. Abbiamo pensato: perché non facciamo un edificio sollevato dal terreno? Che non tocca terra, in sospensione».
L’hospice di Bologna quindi è una novità. Anche dal punto di vista di vista architettonico, immerso com’è nella magia e dalla bellezza naturale di un bosco di 16mila metri quadrati. Parliamo di una tipologia molto diversa da un ospedale convenzionale: non è un luogo chiuso, ma aperto; non è un luogo distaccato e asettico, ma permeabile; non è un luogo di degenza per la cura, ma una «casa» dove trascorrere un tempo dotato di senso perché non impone la rinuncia delle relazioni sociali e dell’affettività, anzi è pensata come opportunità per fare esperienza di bellezza, contemplazione e spiritualità. Ideato per offrire ai piccoli pazienti l’esperienza di vivere in una vera e propria casa sull’albero, si sviluppa su 4 piani e in più sezioni connesse da leggeri collegamenti aerei al corpo centrale principale.
Accoglierà pazienti, insieme alle loro famiglie, da 0 a 18 anni con patologie inguaribili e con significativa complessità clinica, a cui si sommano bisogni spirituali, sociali, famigliari e relazionali e con il rischio di morte precoce. Una presa in carico che può durare molti anni, anche e fino alla età adulta. Un’équipe multidisciplinare di specialisti formati attraverso corsi specifici, master universitari e tirocini, organizzati dall’Accademia di Medicina Palliativa, braccio didattico della Fondazione Hospice MTC Seràgnoli, si prenderà cura H24 dei giovani pazienti, mettendo al primo posto la loro salute, il loro benessere, i loro sogni e i loro desideri di svago con attività ricreative, ma anche educative.
«L’hospice pediatrico rappresenta in modo concreto il concetto di cura, meglio descritta dal termine inglese care: prendersi cura, aver cura – ha spiegato Isabella Seràgnoli -. Il modello organizzativo e valoriale dell’Arca sull’Albero, già applicato nei progetti sanitari delle nostre fondazioni non profit, consiste in un’offerta di assistenza qualificata dove la dignità del paziente, il prendersene cura, è parte integrante e fondante del processo terapeutico. La cura è il farsi carico, è l’agire dell’essere umano con l’intenzionalità primaria di fare il bene dell’altro». Nel caso delle cure palliative, continua Seràgnoli, «la cura del dolore non è solo cura del dolore fisico, ma anche del dolore psicologico, ed è attenzione alla situazione della persona e della sua famiglia. Ecco allora un luogo aperto e permeabile, una casa dove relazioni sociali e affettività non vengono meno e in cui fare esperienza di bellezza che rende il luogo migliore di quanto sia la realtà che si sta vivendo».
Come ha stabilito la Giunta regionale, l’hospice sarà Centro di riferimento per l’erogazione di servizi specialistici di cure palliative pediatriche della Regione Emilia-Romagna e sede dell’Unità di valutazione multidimensionale pediatrica di Bologna, fornendo su richiesta supporto specialistico agli altri nodi della rete ed erogando attività assistenziali; lavorerà in piena integrazione con le Aziende sanitarie di tutta la regione, opererà in sinergia con l’assessorato alle Politiche per la salute, sede del Coordinamento organizzativo della rete regionale per le Cure palliative pediatriche, e sarà struttura accreditata dalla Regione.
La struttura prevede la presenza di posti letto accreditati ed è organizzata con 14 camere di degenza singole con letto per caregiver e terrazza coperta e 8 appartamenti destinati alle famiglie dei degenti. Nell’area ambulatoriale trovano spazio 7 ambulatori multidisciplinari e un «Ark day», cioè il servizio di assistenza in regime diurno. Sono inoltre presenti un’area di medicina fisica e riabilitativa, l’area meditativa e una sala dedicata al commiato. Circa 50 gli operatori impiegati nella struttura. I primi pazienti dovrebbero essere accolti dopo l’estate.
Le tipologie di ricovero previste sono quattro: ricoveri intermedi ospedale-domicilio e/o domicilio-domicilio, che si richiedono nel passaggio dall’ospedale al domicilio per addestrare il caregiver che si occuperà del paziente dopo l’assistenza ricevuta in ospedale; ricoveri per periodi di sollievo, previsti per alleggerire il carico psicologico e assistenziale delle famiglie e per supportarle nella gestione di eventuali momenti critici al di fuori dei programmi di competenza del servizio territoriale; ricoveri di consulenza per migliorare il quadro clinico del paziente, per gestire situazioni critiche a causa del dolore e di altri sintomi difficilmente controllabili; ricoveri di fine vita, ove richiesto dalla famiglia, per accompagnare il paziente nelle fasi finali della malattia e garantire un adeguato supporto anche psicologico al paziente e ai suoi caregiver.