Il progetto Ardire si sta avviando verso la conclusione, manca poco più di un mese e i 6 ragazzi che hanno aderito all’iniziativa sono sul vivo del loro percorso. Incontriamo Fulvia Salvi presidentessa di Medicinema Italia che – assieme all’Associazione La Miglior Vita Possibile e all’Hospice Pediatrico del Veneto – ha ideato questo progetto e approfittiamo per farle qualche domanda sulla genesi dell’iniziativa, al momento unica in Italia.
Buongiorno Fulvia, questo progetto è davvero una sfida pionieristica verso un tipo di ‘terapia’ non convenzionale che però sembra funzionare molto bene, come vi è venuta questa idea?
Tutto è nato da un incontro con il dott. Stefano Bellon (fondatore di La Miglior Vita Possibile) a Milano presso l’Ospedale Niguarda dove Medicinema ha realizzato e gestisce una sala cinematografica dedicata alla cineterapia.
Cineterapia, di che si tratta?
La Cineterapia è una modalità di cura alternativa che non prevede l’uso di farmaci tradizionali ma che intende migliorare la condizione di vita del malato attraverso il cinema: la visione dei film sviluppa nei pazienti, grazie ad un meccanismo emozionale e psicologico, un processo di benessere e normalizzazione della propria condizione.
MediCinema , quindi, porta il cinema negli ospedali come intervento terapeutico.
Pazzesco davvero! Digressione necessaria, ma andiamo avanti. Dicevamo che il progetto è nato da un incontro fortunato tra lei e il dottor Bellon, da questo primo approccio, poi come ha preso forma l’idea che ha portato alla realizzazione di questo percorso?
Ecco, dapprima abbiamo ragionato sull’ipotesi di portare la nostra esperienza a Padova e poi con la dottoressa Benini (direttore UOC Hospice Pediatrico di Padova), si è valutata la realizzazione di un progetto per l’Hospice pediatrico. La scelta iniziale del progetto è frutto di molti confronti e di un lavoro preparatorio intenso tra educatori, psicologi, medici oltre che con la Dottoressa Benini stessa.
Medicinema ha poi lavorato sull’elaborazione di un progetto artistico con una connotazione cinematografica, adattando l’agire, i contenuti e la finalità alla volontà di dare voce a chi vive la cura palliativa direttamente.
Da questo processo di adattamento deriva anche il titolo dell’iniziativa: Ar Dire, ovvero Arte per dire!
Bellissimo! E poi come è proseguita l’iniziativa? Voglio dire, come siete passati dalla teoria, all’azione?
È stato un lungo lavoro di valutazione, soprattutto per la scelta degli strumenti e dei contenuti del progetto, dopo tutto era la prima volta in assoluto che si approcciava un progetto artistico, a distanza (ricordiamo che il laboratorio si sta svolgendo da remoto), dedicato a ragazzi in cura palliativa.
Alla fine abbiamo optato per una tecnica artistica molto particolare realizzata grazie ad un software che consente di catalogare ogni segno prodotto, elaborarlo e dar vita ad un disegno d’insieme che può essere anche animato per restituire una creazione artistica unica.
Molto interessante. Un lavoro costruito con perizia, non c’è dubbio, ma qual è la ratio che ha dato vita a questo progetto?
Obiettivo primario del progetto ArDire è quello di dare ai ragazzi l’opportunità
di parlare della loro vita attraverso il loro punto di vista, senza filtri o intermediazioni; non c’è nessuna volontà di trattare la malattia, al contrario il focus è quello di dar voce a ciascuno di loro, alla loro vita con la libertà che l’espressione artistica permette.
Un altro passo avanti per sensibilizzare la popolazione non solo sulle cure palliative pediatriche ma anche, e soprattutto, su quanto la vita di questi bambini e ragazzi debba essere considerata in tutta la sua pienezza e valore. Corretto?
Esatto. Uno degli obiettivi che ci siamo posti è proprio quello di comunicare quanto la cura palliativa non sia assolutamente un limite alla vita, abbiamo voluto fare in modo che i ragazzi stessi potessero raccontare la loro vita con aspettative, difficoltà, sogni.
L’approccio artistico misurato scientificamente, può diventare un modello di sostegno agli hospice come cura complementare dei ragazzi..
Un progetto ambizioso che darà sicuramente grandi soddisfazioni ma quali sono stati gli ostacoli che avete dovuto affrontare?
Essendo questo lavoro un progetto pilota, chiaramente ci sono stati alcuni inevitabili rallentamenti lungo il percorso, ora tuttavia abbiamo l’opportunità di inserire questa metodologia negli interventi di cura e supporto psicologico per ragazzi e famiglie nella cura palliativa che ci permetterà di valutare il miglioramento psichico, relazionale e la riduzione di stress e ansia di queste persone.
Medicinema si occupa, infatti, anche di psicologia clinica, per questo siamo riusciti ad elaborare un protocollo clinico di indagine ad hoc, che ha richiesto diverso tempo per la selezione di strumenti di valutazione idonei e per la scelta degli indicatori di misurazione per indicare i progressi di ragazzi e famiglie rispetto alla ‘terapia’ proposta.
È davvero molto emozionante assistere alla genesi di un progetto così importante, immagino. Come e quando si concluderà questa prima edizione di ArDire?
Non c’è dubbio che lo sia! Per quanto riguarda la chiusura di questa prima edizione, innanzitutto è previsto un collegamento riservato ai ragazzi e alle loro famiglie per il mese di giugno. Si tratterà di un momento a loro dedicato per parlare dell’ esperienza e per poter valutare ogni aspetto emerso e valutare gli output effettivi rispetto alle aspettative di ciascun giovane artista.
Successivamente si terrà un incontro celebrativo e narrativo dell’esperienza a settembre, con un evento in presenza per i ragazzi e le loro famiglie.
La data al momento individuata è il 24 settembre (ma, visti i tempi, non escludiamo cambiamenti dell’ultimo momento).
Ci piacerebbe immaginare, inoltre, un convegno per dar spazio alla parte narrativa della sperimentazione; da parte nostra, anche come protocollo clinico, stiamo già valutando come misurare i progressi da parte sei ragazzi anche attraverso l’evoluzione artistica.
A tal proposito sarà utile dialogare con i referenti educatori che hanno condotto gli incontri coi ragazzi in questi mesi per cogliere al meglio l’unicità di questo progetto artistico e la sua assoluta peculiarità nel panorama delle terapie non tradizionali adottate in Italia.
Ringraziamo la dottoressa Salvi per questo intervento che ci da la possibilità di capire meglio la portata di un progetto che sicuramente riserva nuovi sviluppi per il prossimo futuro; dopo questa chiacchierata abbiamo l’impressione di essere di fronte ad un’iniziativa che potrebbe cambiare, di sicuro arricchire, il settore delle cure palliative pediatriche in Italia.